In corso a Roma l’assemblea nazionale del Pd, che potrebbe sancire
la scissione del partito a dieci anni dalla sua nascita. Renzi si è dimesso da segretario. Ieri la
contro-assemblea della minoranza, con le richieste a Renzi:
conferenza programmatica, congresso in autunno e garanzia di
durata del governo Gentiloni fino al 2018. Gli ultimatum hanno
irrigidito il segretario: ‘Non sono io a volere la rottura,
siete voi che avete cambiato idea non perdendo occasione per
demolire me e quanto fatto in questi anni’, sarà il ragionamento
del leader che, dopo aver ripetuto che il governo non ha
scadenza, si dimetterà convocando il congresso subito per
celebrare le primarie o il 9 aprile o, al massimo, il 7 maggio.
Oggi a Rimini l’ultima giornata del congresso fondativo di
Sinistra italiana.
Lungo e più volte applaudito il discorso del segretario
dimissionario all’assemblea del Pd all’hotel Parco dei Principi
a Roma. ‘Peggio della parola scissione, c’è la parola ricatto’,
ha detto Matteo Renzi, ‘non è accettabile che si blocchi un
partito per i diktat della minoranza’. Citando Pascal, il leader
ha affermato che la scissione ha le sue ragioni che la ragione
non conosce, e ha invitato tutti al senso di responsabilità
verso il Paese: ‘Si discuta oggi, ma ci si rimetta in cammino’,
anche perchè chi guarda da fuori non capisce, ‘ci prende per
matti’. Fermo sull’opportunità del congresso, Renzi ha definito
un errore trasformarlo in un ‘congresso sul governo’. Poi ha
ammesso di aver pensato seriamente a fare un passo indietro. Una
riflessione sfociata nella convinzione che ‘non si sta in un
partito contro qualcuno ma per qualcosa’. E, rivolto alla
minoranza: ‘Non è democratico chiedere a me di non candidarmi
per evitare la scissione’. Subito dopo l’intervento di Epifani:
‘Noi ci aspettavamo un proposta, il segretario ha tirato
dritto’. Fassino alla minoranza: ‘Il Pd è la casa di tutti,
confrontiamoci’.