QUARANTA ALTOATESINI DENUNCIATI PER TRUFFA ALL’INPS, SEQUESTRATI 200 MILA EURO

Quaranta altoatesini sono stati denunciati dai carabinieri per una serie di truffe ai danni dell’Inps, avendo ottenuto sovvenzioni di disoccupazione con documentazione fasulla. Tra i reati contestati ci sono truffa, concussione e corruzione aggravata, L’inchiesta è curata dal sostituto procuratore Igor Secco. Agli indagati sono stati sequestrati quasi 200.000 euro in contanti.
A volte la Giustizia presenta il conto in maniera meno plateale, ma non per questo meno efficace. Ricalcando un vecchio adagio non solo il crimine non paga, ma a volte qualcuno è chiamato, nel senso letterario della frase, a pagare per le proprie attività illecite. E’ la triste scoperta che hanno avuto la settimana scorsa 40 persone, residenti a Bolzano e provincia, ritenute responsabili per una lunga serie di reati, che spaziano dalla concussione alla corruzione aggravata, dalla falsità materiale o ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici alla truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, tutte indagate nell’ambito del procedimento penale aperto presso la Procura della Repubblica di Bolzano, seguito dal dottor Igor Secco ed a cui sono stati sequestrati quasi 200.000 euro in contanti, prelevati forzosamente dai Carabinieri sui loro conti correnti, in virtù di un decreto di sequestro emesso dall’Autorità Giudiziaria nell’ambito dell’indagine denominata, per forza di cose, “EASY MONEY”. Allo sportello del loro istituto di credito, presso le Poste, davanti al bancomat oppure guardando il resoconto dei fondi investiti, hanno infatti constatato che il denaro versato sui loro conti correnti era stato sequestrato dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Bolzano. Ad unire tutte queste persone tra di loro era il fatto di essersi rivolti allo sportello INPS di una sede distaccata per ottenere dei sostanziosi contributi previdenziali per la disoccupazione, anche se non spettanti. previa rinuncia di una quota di quanto percepito a favore di un unico impiegato, che pretendeva tale somma per il “favore” fatto. Una prima perquisizione domiciliare aveva permesso di raccogliere importanti elementi di prova nei confronti dell’uomo; addirittura all’interno della macchina, sotto la ruota di scorta, venivano rinvenute alcune decine di pratiche previdenziali o di fotocopie di documenti d’identità, relative a vecchi e nuovi clienti dell’impiegato. Lo stesso, a distanza di breve tempo, veniva tratto in arresto, mentre ad un complice, veniva notificato un provvedimento di divieto di espatrio. Questi aveva l’incarico di pubblicizzare, soprattutto in diversi locali pubblici, l’illecita attività e di “procacciare” le persone che si potevano prestare alla causa (indifferentemente donne e uomini, sia italiani che stranieri, ovviamente senza lavoro, che tuttavia non erano nelle condizioni previste dalla legge per ottenere i previsti contributi previdenziali per la disoccupazione, anche in forma ridotta, agricola e di mobilità). Aveva svolto la sua opera così bene che in breve tempo, con le scuse più disparate, decine di bolzanini avevano iniziato ad emigrare fittiziamente al di fuori del comun, proprio per poter presentare la loro domanda presso l’ufficio che si era dimostrato più attento a recepire la loro istanza. La Direzione Provinciale dell’I.N.P.S., oltre a fornire la massima collaborazione ai militari dell’Arma per la ricostruzione degli illeciti, aveva immediatamente avviato un procedimento disciplinare nei confronti del dipendente infedele, procedimento che si era concluso con il licenziamento in tronco senza preavviso dell’interessato. Proprio la fattiva collaborazione dell’Istituto Nazionale di Previdenza ha permesso di individuare e ricostruire oltre un centinaio di pratiche trattate dal dipendente. Un primo screening svolto dai militari dell’Arma consentiva di accertare che 40 di queste si presentavano irregolari, in quanto i contributi previdenziali non avrebbero dovuto essere concessi. Il ritratto delle persone coinvolte è variegato; si va dal lavoratore comunitario stagionale al dipendente licenziato per giusta causa; dal nullafacente che vantava di aver svolto lavori retribuiti all’estero (senza peraltro essere in grado di fornire documentazione alcuna sull’attività svolta) a chi dichiarava di essere disoccupato con molti figli a carico, quando in realtà non ne aveva nessuno. A tutti era stato proposto di inoltrare la domanda per il riconoscimento dell’indennità di disoccupazione, che poi veniva inserita e “trattata” dal dipendente I.N.P.S. compiacente. Il patto, come accertato dagli inquirenti per alcune posizioni, prevedeva da parte dei beneficiari il successivo versamento all’impiegato di circa il 70% di quanto indebitamente percepito, che ammonta ad una cifra fra i 4.000,00 (quattromila) ed i 7.000 (settemila) euro per ogni posizione. Il danno causato alla Pubblica Amministrazione, soltanto per l’elargizione dei contributi non spettanti, veniva valutato in 500.000 euro circa, un piccolo tesoretto che è stato parzialmente recuperato nei giorni scorsi. I Carabinieri del Nucleo Investigativo di Bolzano, coordinati dal dottor Igor Secco, hanno iniziato a svolgere meticolosi accertamenti nei confronti di tutte le persone beneficiarie dell’illecito contributo: inizialmente questi, formalmente indagati per violazione della norma penale, sono stati interrogati, accompagnati dai propri legali, negli Uffici di Via Dante, in maniera tale da consentire loro di fornire spiegazioni. A fronte delle contestazioni precise e documentate, diversi di loro, scegliendo una strategia difensiva basata sulla collaborazione, ammettevano la dazione al dipendente dell’INPS, contribuendo ad aggravarne la posizione. Successivamente si è passati a spulciare i conti correnti degli indagati: un lavoro meticoloso e certosino, reso molto più complesso dalla cifra delle persone coinvolte e dai numerosi istituti di credito presso i quali questi si appoggiavano, ricostruendo rapporti bancari, esaminando versamenti e ricevute, contattando datori di lavoro e analizzando decine di report finanziari. L’esito degli accertamenti è stato riferito all’Autorità Giudiziaria che la settimana scorsa ha immediatamente emesso un decreto di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, di tutto il denaro depositato sui conti correnti riconducibili agli indagati. Il provvedimento, immediatamente notificato alle banche, a Poste Italiane ed ad alcune società d’investimento di capitali, ha permesso di sequestrato quasi 200.000 euro in contanti, somma che, versata al Fondo Unico di Giustizia, in parte ripaga la Pubblica Amministrazione del danno causato.

8 Febbraio 2016


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