“Ora non si parla più di pericolo di infiltrazioni della ‘ndrangheta in trentino ma di vero e proprio consolidamento”. Sono le parole allarmate del procuratore di Trento Sandro Raimondi al termine della conferenza stampa nella mattinata odierna. I carabinieri del R.o.s. e dei comandi provinciali di Trento, Roma e Reggio Calabria hanno dato esecuzione a una ordinanza di misure cautelari emessa dal tribunale di Trento, su richiesta della locale procura della Repubblica, a carico di 19 soggetti indagati a vario titolo, tra gli altri, per i delitti di associazione mafiosa in quanto appartenenti alla ‘ndrangheta.
13 gli arrestati in carcere, 5 sono agli arresti domiciliari, uno con obbligo di firma, si tratta dell’imprenditore e cavaliere della Repubblica Giulio Carini, 72 anni. Secondo gli inquirenti il noto imprenditore – nato a Reggio Calabria ma che da anni vive e lavora in Trentino, dove è molto apprezzato per il suo impegno nel mondo dello sport e del volontariato – sarebbe una “figura cerniera”, capace di mettere in contatto l’organizzazione con i rappresentanti delle più elevate cariche istituzionali locali “al fine di condizionarne l’azione ed ottenere mirati vantaggi”.
L’imprenditore, per ottenere indebitamente l’assunzione a tempo indeterminato della nuora presso la Fondazione Bruno Kessler, avrebbe promesso voti per le elezioni provinciali del 2018 ad un consigliere provinciale. Il risultato delle indagini costituisce l’esito di una articolata attività investigativa condotta dal R.o.s., incominciata due anni fa e che ha accertato l’esistenza e l’operatività di una locale di ‘ndrangheta nella provincia di Trento. L’organizzazione, collegata con una cosca del reggino con cui rappresentava il raccordo imprenditoriale, attraverso intimidazioni aveva avvicinato anche politici ed appartenenti alle forze dell’ordine.
Tra gli indagati a vario titolo in Trentino, anche un ex assessore di Lona-Lases dove l’organizzazione malavitosa aveva costituito società e aziende nel settore del porfido. Nei guai anche una società di Trento che con la scusa di organizzare attività culturali, raccoglieva soldi da destinare agli affiliati alla ‘ndrangheta. [mda] [Ascolta l’intervista al procuratore di Trento Sandro Raimondi]





