Guardiamo alle formule: il 24% dei trasferimenti è a titolo definitivo, il 22% in prestito. Gli acquisti a parametro zero restano i più frequenti, ma per gli Under 23 il trasferimento definitivo pesa il doppio rispetto ai 24-29enni e cinque volte più degli Over 30. Segnale chiaro: puntare sui giovani è la priorità.
E chi guida questa corsa? L’Inghilterra, seguita da Spagna e Francia. La Serie A tiene il passo sui 19-21enni, ma sugli Under 18 resta indietro rispetto a Ligue 1 e Bundesliga. E quando si tratta di spesa, è fanalino di coda: 7,3 milioni di euro pro capite contro gli 8 della Bundesliga, gli 11,7 della Liga e i 20 della Premier. Un limbo, insomma: né grandi incubatori né veri utilizzatori, frenati da liquidità limitata e minore competitività internazionale. Qualche segnale positivo però c’è: il modello “Made in Italy” favorisce le serie minori e spinge i top club a creare seconde squadre, veri reparti di ricerca e sviluppo. Inter, Juventus, Atalanta e Milan U23 sono già in campo. Ma c’è un dato che fa riflettere: la Primavera contribuisce solo per il 9% ai trasferimenti. Troppo poco. Serve investire di più e rendere il sistema più attrattivo con nuovi stadi e turismo sportivo, un settore in forte crescita che porta ricavi e modernizzazione. Non a caso, gli investitori stranieri guardano all’Italia: il calcio è attrattivo, ma ha potenzialità ancora inespresse. Bisogna sfruttarle, dentro e fuori dal campo.
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