NO ALLE AUTODETERMINAZIONI, SI ALL’EUROPA con Josep Borrell e Sergio Fabbrini

C’è bisogno di un’Europa politica, solo per questa via si potrà evitare che in Europa crescano nazionalismi e micro nazionalismi, sogni di piccole patrie che non hanno futuro. Si sono espressi in modo sostanzialmente concorde, stamane in sala Depero a palazzo della Provincia di Trento, i due protagonisti del panel proposto al Festival Economia Trento dal Consiglio provinciale di Trento, con la moderazione di Steven Forti.

L’ex presidente del Parlamento europeo Josep Borrell Fontelles e il politologo Sergio Fabbrini hanno ragionato su “Le autonomie che aiutano a crescere”. A introdurre l’incontro è stato il presidente del Consiglio provinciale, Bruno Dorigatti, che ha ricordato la scommessa forte in cui s’è impegnata l’autonomia speciale trentina, per la revisione dello Statuto. La prevede – ha detto Dorigatti – la riforma costituzionale attualmente sotto referendum.

In sala Depero ha parlato per primo – in lingua spagnola castigliana – il catalano Josep Borrell Fontelles, socialista e presidente del Parlamento Ue dal 2004 al 2007. Borrell Fontelles è contrario all’indipendenza della Catalogna. Il franchismo impediva l’uso della lingua catalana, ma poi è arrivata la democrazia e in Spagna è stata strutturata in modo marcatamente decentrato, forse con il maggior decentramento di poteri in Europa. Oggi vengono riconosciute autonomie differenziate e il sistema funziona, aumentando le potenzialità locali e stimolando la crescita.

In Catalogna da sempre c’è una quota di popolazione che non si sente spagnola e di recente è pure aumentata, in una regione ricca che ha un pil pro capite pari a quello del Veneto. Gli indipendentisti rimangono una minoranza, anche se decisamente egemonica e protagonista della vita pubblica. Perché ha tanta presa l’idea di staccarsi dalla Spagna? Anzitutto c’è stata la terribile crisi economica, che ha molto impoverito le classi medie: si è additata allora Madrid come colpevole di questa involuzione, per via di quell’8% di Pil “pagato” al potere centrale.

Secondo motivo: il nuovo Statuto di autonomia approvato con referendum, è stato impugnato in Corte costituzionale e qui cassato in alcuni punti, un intervento sfruttato pesantemente dalla propaganda indipendentista.
Terzo punto: la narrazione dell’indipendentismo in Catalogna è quotidiana, c’è un’egemonia mediatica in questo senso. C’è anche una tradizione di pensiero anarchico in Catalogna, che sta riprendendo forza. E’ scomparsa nel frattempo la pulsione indipendentista dei Paesi Baschi, l’Eta non esiste più, è cambiato tutto.
Le autonomie territoriali oggi sono a rischio – dice Fabbrini – per effetto dell’insufficienza dell’attuale assetto istituzionale europeo, che andrebbe rivisto, nonché per la carenza di élite culturali lungimiranti (l’esempio dell’Austria e delle sue misure al Brennero sono un esempio di questo).

La rete tessuta a livello europeo ha portato – dopo Maastricht e la fine della guerra fredda – alla rinascita delle differenze territoriali. Con il successo dell’Ue comincia insomma una nuova crisi, perché i territori vogliono sedere a quei tavoli intergovernativi che oggi decidono tutto a livello Ue. Nascono anche i micronazionalismi, c’è un ritorno alle piccole patrie e alle varie Heimat.
Fabbrini dice che per risolvere queste criticità va curato il sistema istituzionale Ue, “non è possibile che un colpo di tosse a Varsavia produca una bronchite a Bruxelles”. Questa Europa statalista non funziona più, Bonn la dirige dall’alto, gli aiuti alla Grecia li decide il Bundestag. Salviamo l’Europa – auspica il politologo che ha anche insegnato a Trento – rilanciamo una corretta logica di governo multilevel. No all’Ue come super-Stato.

Stimolati dal pubblico, i due relatori hanno anche spezzato una lancia per i progetti di Macroregioni, come quella alpina e quella adriatica. Ottima idea secondo Borrell Fontelles, purché siano strumenti di cooperazione. Anche secondo Fabbrini vanno bene se non sono veicoli di istanze identitarie, ma mezzi per ricucire gli strappi prodotti dalle guerre e dalla storia.

Un cenno infine al ruolo del Parlamento europeo: va rafforzato il suo ruolo in quanto voce dei popoli europei, ma la sua rappresentanza democratica non è sufficiente.

5 Giugno 2016


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