“L’idea di bardare i pazienti ospedalieri con un braccialetto digitale al polso per identificarne nome e cognome è avvilente e mortificante per la dignità delle persone e va nella direzione opposta all’auspicata umanizzazione del paziente e della sua assistenza”. Cristina Masera, segretaria della Fp sanità Cgil prende posizione in merito all’iniziativa dell’Azienda sanitaria che tra pochi giorni passerà dalle parole ai fatti, diffondendo sui malati l’utilizzo del braccialetto digitale.
“L’Umanizzazione dell’assistenza sanitaria – sempre la segretaria provinciale – delle strutture ospedaliere e dei servizi sanitari rappresenta un argomento di particolare importanza che parte dal presupposto fondamentale di considerare gli utenti persone e non numeri. Un concetto che vorremmo ampliato, declinato e realizzato in modo compiuto nella nostra sanità e dal quale siamo convinti non possa prescindere la relazione che si instaura tra personale e paziente”.
La segretaria sottolinea che la modalità del processo di identificazione del paziente, nelle strutture sanitarie, prevede sì che possa/debba essere utilizzato un apposito braccialetto, ma solo qualora il paziente non sia in grado di esprimersi, non sia cosciente o in sé: “Ritengo preoccupante e ambiguo il ricorso alla lettura di un braccialetto, fatti salvi i casi suddetti, al posto di rivolgersi al paziente e chiedergli come si chiama. Il fatto poi che i braccialetti in questione costino poco non è certo una valida argomentazione: per quanto poco, penso che le risorse possano essere investite in modo più proficuo, visto quanto sta capitando in un reparto, dove per risparmiare non si sostituisce una maternità del personale OSS da novembre a marzo, lasciando che per giorni il reparto rimanga con un/a solo/a OSS per 54 pazienti ricoverati”.
“Diverso sarebbe il discorso – conclude Masera – se il codice a barre del braccialetto identificasse anche la terapia e gli esami o la cartella clinica del paziente, questo sì per evitare errori o scambi”.